martedì 25 febbraio 2014

Incenso e menta nel moijto.















Mi sono innondata di vaniglia e albicocca. Come ogni mattina.
Il mio profumo. Quello in cui mi rispecchio, quello in cui mi infilo.
La mia identità olfattiva. Per ricordarmi chi sono.

E non lo sento.

Sento odore di incenso, di menta, di buono.
Di qualcosa in cui sprofonderei senza pensare, senza grovigli, con l'incoscienza più totale.

Sento ancora la stessa canzone. Che suonava ieri. E l'altro ieri.
Che mi piace da impazzire e che l'i-pod ripete senza pausa.

Sento una paura mortale. Che mi congela cuore e testa.
Che mi paralizza i pensieri e scende sino alla pancia dove si annida.
E cova li dentro.
Cova in mezzo a mille pensieri che non hanno punto di svolta.
Perché l'io razionale si scontra con l'eterna sognatrice che credevo di non essere più.
Che credevo di aver definitivamente seppellito.
E che invece si nascondeva solo sotto una coperta di paure.

Sono di nuovo io.
Io e le mie paure: tutte li in fila a guardarmi e ad aspettare che io torni a nascondermi.
Ad aspettarmi al varco. Ad aspettare che torni a mettere la testa sotto la sabbia.
Ad aspettarmi al sabato sera e alla domenica pomeriggio.

In un periodo, questo, dove la parola "paura" è stata la costante di stremanti chat di whatsapp e mi ha martellato giorno e notte, togliendomi fame e sonno, sento che le paure non mi fanno più paura.
Sento milioni di leoni nel cuore.
Sento che basta un qualunque giovedì sera, freddo e piovoso, per capire.

Per capire che io sono così: indefinita ed emozionabile.

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